Dalle Due Torri alla Basilica

Il Viaggio di San Petronio

La statua di San Petronio (vescovo, santo e patrono bolognese) che dal 2001 siamo abituati a vedere sotto le Due Torri, ha un significato importante per Bologna e per tutti i bolognesi.

Tuttavia ha avuto una storia piuttosto travagliata che rispecchia il difficile rapporto tra l’anima religiosa e quella laica della città, sempre in bilico tra Stato Pontificio e Comune, Guelfi e Ghibellini, Università e Papato, famiglie senatorie in competizione per primeggiare nel governo della città che erigono torri per il controllo del territorio e la rappresentazione del loro potere, amministrazione comunale e curia che sempre hanno alternato periodi di entusiastica concordia ad altri di altrettanto aspro contrasto ideologico.

La statua fu commissionata allo scultore bolognese Gabriele (Gabriello) Brunelli, nel 1658 dal Cardinale Lazzaro Pallavicini (Legato Pontificio a Bologna) e pagata dalla Compagnia dei Drappieri.

Nel 1682, l’opera fu collocata sotto le due torri proprio di fronte al Palazzo dei Drappieri o Strazzaroli (in una posizione di alcuni metri più avanzata rispetto alla posizione dove l’abbiamo vista fino a sabato scorso, 28 maggio 2022), ed inaugurata due anni dopo in occasione della della discesa in della Beata Vergine di San Luca dal colla della Guardia, il 10 maggio del 1684.

Alla conclusione della campagna napoleonica in Italia, nel 1797, con decreto Napoleonico, la statua viene acquisita dal Senatore Piriteo Malvezzi (importante famiglia senatoria bolognese), e privata dei riferimenti allo Stato Pontificio che erano esposti sulle facce del podio.

Nel 1827, alla vigilia degli interventi che modificheranno radicalmente il centro storico bolognese, il Comune di Bologna richiede la rimozione della statua di San Petronio per procedere alla apertura di quella che sarà l’attuale Piazza di Porta Ravegnana, assieme alla demolizione della chiesetta della Madonna delle Grazie e di alcune botteghe costruite attorno alla base della Torre Garisenda e di proprietà della famiglia Ranuzzi, succeduta ai Malvezzi nella proprietà della statua.

Dopo anni di controversie con il Comune di Bologna, per l’opposizione della famiglia Ranuzzi all’abbattimento delle loro proprietà, nel 1869, con il provvedimento di esproprio, il destino degli immobili in Piazza Ravegnana e della statua è ormai deciso.

Nel 1871 l’ingegnere, architetto e geologo faentino Antonio Zannoni, viene incaricato di rimuovere la statua di San Petronio e di demolirne il piedistallo, ricollocando per la prima volta, l’opera scultorea del Brunelli all’interno della basilica di San Petronio, nella cappella della famiglia Ranuzzi – Malvezzi, (detta anche cappella di San Rocco a motivo del dipinto di San Rocco con il cane realizzato dal Parmigianino)

Da allora la statua di San Petronio è rimasta in basilica fino al 2001, quando l’allora sindaco di Bologna, Giorgio Guazzaloca, in accordo con la curia bolognese (affidata allora al Cardinale Giacomo Biffi), decise che la statua del Santo Patrono doveva tornare “li dove i nostri padri la vollero” , per citare le parole del Vescovo Ausiliare Mons. Ernesto Vecchi nel quinto anniversario della scomparsa dell’ex sindaco, ovvero, appunto, sotto le Due Torri. Anche se in realtà fu ricollocata in posizione più arretrata e defilata rispetto alla posizione originaria, proprio per non intralciare troppo la viabilità dell’incrocio tra via San Vitale, Via Zamboni, strada Maggiore, via Rizzoli e via Castiglione.

La decisione, ovviamente, non mancò di scatenare accese polemiche in città, anche perché non ebbe l’avvallo della Soprintendenza ai beni artistici che fu, più o meno velatamente accusatadi accampare questioni di tutela dell’opera scultorea per contrastare il “successo” politico del primo sindaco “non comunista” della città; d’altro canto, nel campo politico opposto, si sosteneva che la manovra del sindaco non avesse nulla a che fare con la devozione religiosa e con la salvaguardia della cultura e della tradizione bolognese, quanto invece con la necessità di celebrare una vittoria politica esponendone i simboli.

Alla fine la questione fu risolta con la promessa da parte del sindaco, che la statua sarebbe rientrata, quanto prima, al sicuro in San Petronio, per evitare i danni della esposizione alle intemperie, allo smog ed alle vibrazioni di quello che comunque resta in effetti uno dei punti nevralgici della viabilità in centro storico; per essere subito sostituita, sotto le Due Torri, da una copia fedele dell’opera seicentesca.

Nel 2015, al termine del restauro del San Rocco del Parmigianino, all’interno della cappella Ranuzzi in San Petronio, gli eredi delle famiglie senatorie Ranuzzi – Malvezzi, d’accordo con il Primicerio della Basilica, Mons. Oreste Leonardi, decidono di dare seguito a quelle promesse rimaste in sospeso, finanziando il rilievo con laser scanner della statua originale, in piazza Ravegnana per poi affidare al laboratorio padrini Sculptors di Massa Carrara l’esecuzione della copia che sarà realizzata prima a macchina utilizzando il modello digitale tridimensionale e poi rifinita a mano da scultori professionisti.

La copia già realizzata, è stata validata dai tecnici della Soprintendenza ai beni artistici di Bologna nel 2018.

Successivamente con il supporto della Arcidiocesi di Bologna, del Comune di Bologna e delle famiglie che ancora hanno la custodia del bene, la Basilica di San Petronio decide di procedere con il rientro della statua di San Petronio dalle Due Torri in Basilica per la seconda volta, al fine di poterla restaurare e conservare in modo appropriato, preservandola dal deterioramento cui inesorabilmente sarebbe stata sottoposta restando nella sua sede in piazza di Porta Ravegnana.

La Basilica di San Petronio ha poi ritenuto di affidare la Direzione dei Lavori della delicata operazione di spostamento al mio studio, assieme al Geometra Marco Guidotti cui la direzione della basilica ha affidato il coordinamento di tutte le numerose attività e figure necessarie per compiere l’operazione in sicurezza.

Le operazioni di protezione, distacco e trasporto sono state affidate alla ditta Leonardo s.r.l. ed in particolare, in qualità di restauratore referente, al titolare, Dr. Francesco Geminiani.

Le operazioni di sollevamento e trasporto sono state affidate alla ditta Tagliavini ed al sui preparatissimo ed instancabile operatore.

Ho quindi avuto l’onore di poter partecipare e seguire una importante e delicata operazione che oltre all’aspetto meramente tecnico ha anche una indubbia importanza sul piano culturale per l’intera città e per tutti i Bolognesi, e non nascondo che questa responsabilità ha turbato in più di una occasione i miei pensieri.

Ora, a cose fatte, non poso che essere onorato di aver potuto partecipare a questa impresa e altrettanto grato al Mons. Oreste Leonardi e all’amico Marco Guidotti per avermi scelto per aiutarli.

Devo anche ringraziare tutti gli operai, operatori, artigiani e tecnici che hanno contribuito al bel risultato ottenuto, senza risparmiare energie ed entusiasmo.

Il video che segue, modestamente confezionato con le immagini e gli spezzoni che ho girato durante le fasi cruciali dell’operazione di ricollocazione, vorrebbero essere un minimo ringraziamento all’impegno di tutti.

Stefano Manservisi

La grande “sfida” di una piccola riqualificazione architettonica

Nel contesto urbano densamente costruito della primissima periferia bolognese, sviluppatasi nella prima metà del secolo scorso, il recupero di due piccoli volumi all’interno di un cortile per sottrarli al degrado ed alla vetustà, più rivelarsi impresa ardua, dovendo inquadrare l’intervento all’interno dei nuovi strumenti urbanistici e delle regole per consentire l’accesso agli incentivi fiscali.

Si naviga un acque percorse da correnti forti e sempre diverse a causa della evoluzione normativa, cercando di fissare una rotta che permetta di raggiungere l’obiettivo attraverso un percorso irto di ostacoli e a volte anche di “trappole” ben nascoste nelle pieghe di normative troppo spesso ipertrofiche.

Questa è la sfida: recuperare due piccoli volumi nati come deposito – legnaia e lavanderia, realizzati tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, ormai non più adatti nemmeno per i loro utilizzi originari ( usi per i quali l’esigenza si è ormai perduta ), uno dei quali ha col tempo assunto le sembianze di una “baracca” temporanea più che di un fabbricato. Di certo entrambi ormai stridono all’interno del contesto (non certo architettonicamente pregiato ma di indubbio valore immobiliare) nel quale sono inseriti.

Il progetto riguarda la riqualificazione edilizia e la realizzazione di una nuova unità ad uso abitativo, monolocale, con trasformazione di superficie accessoria in superficie utile attraverso la ristrutturazione di uno dei due piccoli corpi di fabbrica, la demolizione e ricostruzione di quello più fatiscente ed un piccolo aumento di volume per raggiungere il soddisfacimento dei requisiti igienico-funzionali richiesti per l’uso residenziale; il tutto cercando di mantenere l’intervento all’interno delle possibilità attualmente offerte per l’accesso agli incentivi fiscali per l’edilizia.

2021 | Progetto per la costruzione di 14 Ville Urbane

23 abitazioni “Near Zero Energy Building”, autonome e a ridotto impatto ambientale. Ciascuna dotata ciascuna dotata di propri spazi ed accessi esclusivi, realizzate all’interno di 14 Ville Urbane mono e bi familiari.

Pensate e progettate per offrire il massimo grado di comfort abitativo con il minor impatto ambientale.

Febbraio 2021 – 1° lotto di lavori: allestimento del cantiere

Flyover 002

Sumbilla di Campeggio, near Monghidoro (BO), Italy

Flyover Sumbilla

Taken with a DJI MAVIC PRO, Image by s:c:m (2017)

Fire oo1

Remains of a fire.
Support flight for a fire investigation

Remains of a fire

Taken with a YUNEEC TYPHOON H with on board gimbal camera GCO3+ by s.c.m.

Tempi Sospesi

Il virus ci costringe nelle nostre case mentre altri soffrono e altri lottano per alleviare le sofferenze e combattere la malattia.

Facciamo la nostra parte, ma non rinunciamo alla creatività come gesto consapevole, in questo momento non possiamo costruire, possiamo però continuare a progettare un mondo e un futuro migliore, sostenibile, condiviso, consapevole da lasciare alle generazioni future.